giovedì 16 gennaio 2014

Bridget Jones incontra Lost in Austen (e così nacque Austenland)

by Jane Doe 

Ovvero: perché la Camera dei Comuni dovrebbe passare una legge per impedire agli americani di mettere le mani su Jane Austen.
Le mie giornate off-duty, ovverosia quelle in cui non vado all'università, scorrono tutte molto simili tra loro: mi alzo ad orari comodi. Mangio il mio pane tostato con la marmellata. Mi preparo il cappuccino. Lo porto con me davanti al pc. Comincia una lunga giornata tra facebook, blog, siti di ogni genere e il recupero dei miei telefilm preferiti. Se sono eccezionalmente in vena, vedo persino un film (ma dipende dal grado di impegno che il mio cervello può sopportare).
Oggi era uno di quei giorni in cui sì, potevo vedere un film. Ce la potevo fare, sul serio. Era ormai da un po' che ponderavo sulla possibilità di vedere o meno Austenland, e oggi mi sono convinta a farlo.


Beh, dovrei menzionare che la mia convinzione implica un protagonista genuinamente britannico di una certa fig... ehm, prestanza fisica. Ogni giorno ringrazio la madrepatria per il livello illegale di testosterone di qualità che è in grado di produrre, ma mi fermo qui, prima che gli sbalzi ormonali offuschino del tutto le mie capacità di essere coerente senza essere prolissa.
Bridget Jones la conoscete tutti. La zitella sfigata trentenne che alla fine (ancora devo riuscire a capire come. Perché è vera e sincera? mah.) si becca quell'altro gran figo (anch'esso guarda caso genuinamente inglese) di Mark Darcy, per gli amici Colin Firth. E fin qua ci siete.


Lost in Austen è una miniserie BBC (probabilmente una delle poche che siano al di sotto di un certo standard) in cui, per farvela breve, una grande fan di Orgoglio e Pregiudizio, tale Amanda Price, scopre che nel suo bagno esiste un passaggio segreto che la catapulta dritta dritta in mezzo agli eventi del romanzo. Lei fa un gran casino, ribalta la trama orginale (e davvero, se non sapete di che parla Orgoglio e Pregiudizio perché siete ancora su questo blog?), e come premio si becca il miglior mister Darcy che la storia ricordi (perché ogni tanto si discosta dal personaggio originale, e quindi è meno rompiballe). Bene.


Austenland, incredibile ma vero, riesce ad unire tutti gli elementi peggiori delle due trame e a trarne un prodotto ancora peggiore come risultato. Non ci credete? Aspettate e vedrete.
La protagonista, una dolce e single trentenne americana (il fatto che sia americana mi dispiace ma ha rilievo) affetta da una delle peggiori forme di Darcysmo (ovvero: sindrome da ricerca di Mister Darcy nella vita reale) che abbia mai visto, decide di dare una svolta alla sua esistenza dopo l'ultimo fallimento amoroso.
La sua casa sembra l'ultimo avamposto di Porta Portese, un mischiume di oggetti discutibilmente d'epoca: porcellane decorate all'inglese, pizzi e merletti in ogni dove, scritte del tipo "I love mr Darcy" e una meravigliosa scritta "Mr Darcy was here" (Mr Darcy è stato qui) sopra il letto a fare il paio con il cartonato di Colin Firth (versione Darcy- quello vero, non quello di Bridget Jones) accanto alla porta d'ingresso.
E qual'è la svolta che la nostra dolce Jane (nome della protagonista. Non commenterò) decide di dare? Come dite? Sbarazzarsi della roba pseudo d'epoca, imparare a discernere tra realtà e romanzo e iniziare a cercare un uomo in carne e ossa capendo che Mr Darcy non è reale?
Non siate ridicoli! OVVIAMENTE il modo migliore per guarire è una vacanza a Austenland, ovvero la tenuta di una ricca signora inglese in cui gli ospiti sono obbligati a vestirsi e comportarsi come nell'epoca regency.
La parte migliore è che, compreso nel pacchetto, hai la certezza che a un certo punto uno dei gentiluomini (che sono attori) inizierà a corteggiarti, dandoti la possibilità di vivere tu stessa la tua storia da Jane Austen.
E quindi seguiamo il percorso di Jane che si prepara al viaggio: l'amica con un po' di sale in zucca che tenta di dissuaderla dal fare una cosa che le prosciugherà il conto in banca, lei che fa orecchie da mercante sostenendo che deve prendersi una pausa dalla modernità e che lei è una persona NORMALE, NORMALISSIMA, CON UNA SANA PASSIONE.
Arriviamo in Inghilterra e, finalmente, nella fatidica Austenland. Il viaggio inizia male: la padrona di casa le comunica che lei ha pagato "il pacchetto base" e quindi il suo ruolo all'interno della vicenda è quello più basso nella scala sociale inglese. Durante la prima sera veniamo presentati agli altri personaggi: ci sono altre due ospiti, anch'esse donne, e due gentiluomini (attori). Vi risparmierò lo sviluppo centrale. Vi basti sapere che le due ospiti donne iniziano a flirtare con i due attori, mentre invece la nostra Jane si lascia andare con lo stalliere. E, ovviamente, l'imbecille si innamora. Ed ecco l'elemento di disturbo: il terzo uomo studiato per adempiere alla trama sapientemente orchestrata dalla padrona di casa, il capitano qualchecosa di ritorno dalla Indie Occidentali, arriva e si getta (letteralmente) sulla protagonista. Lo stalliere, che a quanto pare faceva sul serio pure lui, si ingelosisce e la pianta.
Lei inizia ad avvicinarsi al gentiluomo scostante, tale Mr Nobley, con cui ha battibeccato la prima sera e che è l'unico vero motivo per guardare questo film. A colpi di gag allucinanti e grottesche, scivoliamo verso il ballo che conclude la trama: Mr Nobley si dichiara alla nostra protagonista, la quale gli risponde picche perché (preparatevi) "vuole una cosa reale" (ed è per questo che si è gettata in questa tana di pazzi) e se ne va, scappando di nuovo dallo stalliere che nel frattempo ha tentato di scusarsi con lei. No, non è la trama di Beautiful. Beh, comunque i due sembrano innamorati sul serio, e quindi pensiamo di avviarci verso il lieto fine che concluderà l'agonia (per fortuna durata solo un'ora e mezza). Sbagliato! Con uno sconvolgente (?) colpo di scena finale, si scopre che lo stalliere non è solo un figurante pagato per tenere in ordine la tenuta, ma è un vero e proprio attore, quello pensato per lei. Jane si arrabbia tanto, tantissimo, e se ne torna nelle colonie, completamente guarita da qualsivoglia mania austeniana. La vediamo persino gettare via il cartonato di Darcy. O forse no, perché nella scena finale è ancora lì, accanto alla porta.
E chi ti varca quella soglia? Nientedimeno che il nostro mr Nobley, il quale non era uno degli attori come Jane pensava, ma un altro ospite che come lei "si era rifugiato in un mondo più semplice", e che quindi è davvero innamorato di lei. A questo punto lei lo accetta e tutti vissero felici e contenti.
Tranne lo spettatore che ha dovuto sorbirsi 'sta roba.
Se vi state chiedendo cosa mi abbia convinto a vedere questo film, vi risponderò con due parole: JJ Feild, attore inglese figo e bravo, che per tutto il film sì recita, e a un livello decisamente più alto degli altri, ma gli si legge anche benissimo in faccia "Ma che ci faccio qua? Ah già, questi mi pagano e io ho un figlio appena nato da sfamare"
Lo so, caro. Anche io mi sento così.
Perché davvero, non c'è altro motivo.
Comunque, devo essere totalmente sincera: le parti pensate per essere comiche lo erano davvero. Il problema è che non fanno ridere solo quelle, ma tutto il film.
Ora scusate, vado ad accendere una candela all'altarino di Jane Austen. Devo chiedere perdono.
Tra l'altro, non sentivo un accento inglese così orribilmente stroncato dai tempi di Quattro Matrimoni e un Funerale. Austenland batte record su record!

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