giovedì 27 febbraio 2014

Pompei: Giove Ottimo Massimo, perdonali perché non sanno quello chefanno!

Avvertimento allo spettatore: nessuna speranza.

 By SisterOfDemons

La trama di Pompei (2014, Paul W. S. Anderson) non è piena di buchi, in realtà è un enorme buco con dei pezzi di trama.
Dopo aver fatto questa fondamentale precisazione devo aggiungere che assolutamente non mi aspettavo il capolavoro. In effetti non mi aspettavo nemmeno un film bello, ma nemmeno un film decente, solo il classico giocattolone pieno di fuochi d'artificio, mazzate (ce ne sono abbastanza!) e poco di più, veramente.
Questo film rasenta l'orrido ed è intriso di un sacco di comicità, ahimé, involontaria. 
Senatore Quinto Appio Corvo
Non sto qui a raccontare la trama (ma quale trama?), basti sapere che c'è Milo (Kit Harington) , un celta che bazzica le arene da un po' ed è l'ultimo rimasto di una "dinastia" di allevatori di cavalli. Bene, Milo (a proposito Kit, complimentoni vivissimi per gli addominali scolpiti) è il classico sbruffoncello che ama deliziare il pubblico con battutone del tipo "Chi muore nell'arena muore da uomo libero" e altre massime altrettanto scontate. Bene, quando la patrizia Cassia (Emily Browning) sta tornando da Roma  a Pompei, il suo cavallo inciampa, e indovinate chi si trova a passare da quelle parti??? Esatto, proprio Milo; che in pieno stile "Fate largo, adesso ci penso io", pone fine alle sofferenze della povera bestia. Da quel momento in poi Cassia si incapriccia del gladiatore (E sì, quando Milo è nell'arena la gente fa ovviamente tifo da stadio, al grido di "Celta, celta", che inquietantemente mi ricorda il famoso "Ispanico" di Decimo Massimo eccetera eccetera) e ce li ritroviamo in mezzo a ogni pié sospinto, e fin qui tutto bene, sarebbero anche i protagonisti. A mettere i bastoni tra le ruote ai due giovani è il cattivone di turno, tale corrotto senatore Quinto Appio Corvo (Kiefer Sutherland), che sbatte in faccia a tutti il famoso "Lei non sa chi sono io" e che aveva puntato Cassia quando lei era ancora a Roma.
Kit e Gli Addominali di Kit
I dialoghi sono scontati quando va bene, (Senatore: "Sei coraggioso, lo riconosco, ma nessun selvaggio potrà mai sconfiggere un romano!" Milo: "E venti selvaggi ce la fanno?"), agghiaccianti quando va male ("Quelli che vanno a morire ti salutano". Really? Siamo così cretini da non riuscire ad afferrare il buon vecchio "Ave Cesare, morituri te salutant"? Io non credo, ma comunque...).
Ogni tanto, giusto per ricordare che è un film sull'eruzione del Vesuvio, c'è la terra che trema. Tutti sono spaventati a morte, tranne il best friend forever di Milo, Attico (Adewale Akinnuoye-Agbaje. Non so cosa ho scritto...) che liquida il tutto con "Tranzolli, è solo la montagna".
Proprio ad Attico va il premio per la morte più divertente. Intorno a lui c'è lo sfacelo totale, lava, lapilli, morti, urla e grida, lui si ferma ed esclama: "Quelli che vanno a morire ti salutano. MUOIO DA UOMO LIBERO" e poi sbam, la lava se lo inghiotte, tipo la classica scena dell'autobus che investe il passante. Comico.
Attico e Milo
Tutto il resto del film consiste sostanzialmente in battute che non fanno ridere nemmeno i dementi, Milo e Cassia che pomiciano, lava, gente morta, combattimenti nell'arena, fumo, lava, fumo.
Nelle ultime scene si consuma il dramma.
No, non mi riferisco alla storia, ma sempre ai disastrosi dialoghi ("Forse non te ne sei accorto, ma i miei dèi sono venuti a prenderti", oppure "Vai!" "No, io non ti lascio qui!" "Guarda me, solo me").
Dopo un'ora, trentasei minuti e dodici secondi, il misericordioso Vesuvio, ringraziando Giove Ottimo Massimo, pone fine alle indicibili sofferenze dei protagonisti e alle ancor più indicibili sofferenze dello spettatore.
La recitazione è un pianto amaro, nessuno brilla per bravura, i personaggi, seppur presentati con un minimo di background, come nel caso di Milo, sono profondi quanto una pozzanghera, tristemente bidimensionali, stereotipati all'ennesima potenza. 
Milo e cassia
Gli effetti speciali lasciano abbastanza a desiderare. L'unica cosa su cui alla fine possono puntare i film di questo genere, qui è stata trattata in maniera alquanto scarsa, in un punto o due mi è addirittura sembrato di intravedere i green screen dietro ai protagonisti, e in un certo momento, sono sicura perché ho rivisto il pezzo in questione più volte, c'è del fumo fermo alle spalle di Attico. Fermo. Il fumo.  

Ogni volta che in un cinema viene proiettato Pompei, da qualche parte un Bruno Heller muore.



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