lunedì 17 febbraio 2014

Monuments Men: l'altro volto della guerra (e della pace)

Dopo molta, moltissima attesa sono andata a vedere finalmente il nuovo film di George Clooney, "Monuments Men".
Oh, non fate quella faccia: sì, all'urlo "George Clooney is inside!", è vero, io scapperei nella direzione opposta, neanche avessi sentito "Jumanji!", ma questa volta avevo tre buone ragioni per vedere il suo film: la mia passione per l'arte, per Jean Dujardin e last but not least Hugh Bonneville.


Lo so, è incredibile: George Clooney dimostra i suoi anni!


In un panorama cinematografico mondiale in cui film e serie tv sulla seconda guerra mondiale piene di combattimenti, morti, esplosioni, in cui la violenza viene mostrata più o meno gloriosamente, e più o meno sensatamente, Monuments Men si inserisce in una posizione assai curiosa.
Il film è tratto da una storia vera: un piccolo, minuscolo commando di uomini che nulla o poco avevano di militare accorrono in salvo delle opere d'arte che Hitler sta razziando in lungo e in largo (anche se principalmente si parla di Francia, Belgio e Italia).
Di criticismi facili se ne possono snocciolare quanti volete: vale davvero più un'opera d'arte di una vita umana? Tutta questa sognata arte è molto ristretta ad opere occidentali, siamo sicuri che sia rappresentativa? 
Non credo però sia questo il punto principale, o meglio, non quello che qualifica questo film come un buon film.

Copertina originale del libro da cui è stata tratta la storia

La bravura di Clooney (a cui, giuro, non avrei dato un penny) è stata quella di mostrare molta umanità, e di farlo in maniera delicata, senza strafare ma neanche sottovalutare.
Tutti i 7 anzi 8 monuments' men e 1 monuments' woman sono persone che con la guerra non hanno avuto a che fare direttamente: sono uomini (e una donna) con tutta la loro serie di difetti, dalla testardaggine alla boria, da un passato di alcolismo a una certa diffidenza e pregiudizio, ma non puoi fare a meno di volergli bene, di preoccuparti per loro, perché sai che è quasi sicuro che faranno qualche stupidaggine. 



Una cosa che per me, come appassionata di arte è scontata, viene presentata come tale anche nel film: se distruggi la cultura di un popolo è come se lo avessi ucciso davvero. È un messaggio che in un ambiente soprattutto come quello italiano in cui la cultura viene presentata come qualcosa di noioso, senza futuro e senza utilità, dovrebbe essere il più possibile diffuso e capito. 

I veri Monuments Men che recuperano l'autoritratto di Rembrandt (la scena è presente anche nel film)

Il film non scade mai nel melodramma palese, anche se ci sono dei momenti commuoventi, come ad esempio i "saluti di Natale" della famiglia dell'architetto interpretato da Bill Murray o come la lettera scritta da Bruges dal tenente ex alcolizzato di Hugh Bonneville (che, permettetemi di sottolinearlo era morbidissimo e l'ho adorato!). Ci sono inoltre delle scene molto divertenti e per nulla patetiche dettate dal contrasto tra le personalità dei vari soggetti che si ritrovano a dover viaggiare insieme, e dal contrasto tra la loro inadeguatezza e direi ingenuità e la bruttezza della guerra.



Menzione d'onore all'unica donna del cast con un ruolo importante, Cate Blanchett: non predomina sugli altri in nessun modo, è forte e tenace ma sa essere anche molto femminile senza per forza mostrarsi vulnerabile.


Il mio consiglio è insomma di andare a vedere questo film, perché anche se non sarà un capolavoro della storia del cinema, è molto godibile e rappresenta una buona occasione per riflettere su qualcosa di importante senza venirne appesantito o annoiato!

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