(Attenzione. Il post contiene spoiler, ma ritengo di esser stata veramente magnanima, in quanto non ho scritto chi è l'assassino!!!)
Da buona amante degli inquilini di Baker Street mi sono approcciata con un certo distacco e una certa freddezza a “L’uomo che odiava Sherlock Holmes” di Graham Moore, romanzo letto ormai un po' di tempo fa. Ciò che mi aveva incuriosito era stato proprio il titolo (che tra l’altro pensai avessero assurdamente tradotto: l’originale inglese è “The Sherlockian” ossia il fan, non l’hater, ma passiamo avanti).
Da buona amante degli inquilini di Baker Street mi sono approcciata con un certo distacco e una certa freddezza a “L’uomo che odiava Sherlock Holmes” di Graham Moore, romanzo letto ormai un po' di tempo fa. Ciò che mi aveva incuriosito era stato proprio il titolo (che tra l’altro pensai avessero assurdamente tradotto: l’originale inglese è “The Sherlockian” ossia il fan, non l’hater, ma passiamo avanti).
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Arthur Conan Doyle |
Tra i personaggi del libro (che ha doppia ambientazione temporale, ovvero inizi del '900 e 2010) oltre allo
stesso Arthur Conan Doyle, figura il suo amico (e noto scrittore, anche se all’epoca in
cui si ambienta il romanzo è ancora solo un frustrato impresario teatrale) Bram
Stoker e il contemporaneo Harold White, membro dell’esclusivo gruppo degli “Irregolari
di Baker Street”, un ventinovenne un po’ asociale e sfigatello a cui si unisce in seguito la misteriosa giornalista Sarah.
I fatti narrati sono chiaramente di fantasia, anche se attingono in parte alla vita del reale Arthur Conan Doyle, che fu preda di
un brutto calo di popolarità, cominciato da quando aveva deciso di uccidere la sua
creatura più famosa. Qui finisce la base storica e inizia la discesa nella fantasia più sfrenata (e a volte non nego, anche perversa e "da presa per il culo") di Moore.
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Bram Stoker |
Sono rimasta parecchio
stupita dal modo in cui Moore aveva descritto Conan Doyle, mi pareva che qualcosa non
tornasse e che gli fosse stato fatto un grave disservizio, così ho fatto qualche ricerca e ho scoperto di avere un’idea
completamente sbagliata dello scrittore: in realtà, come scrive giustamente
GM, Conan Doyle è un uomo un po’ antipatico, profondamente convinto della
superiorità maschile, con un disprezzo per quasi tutte le donne eccetto la
moglie malata Touie e il suo amore platonico Jean.
Ma torniamo alla storia: convinto di possedere le
stesse capacità investigative di Holmes, Conan Doyle si mette a giocare al
detective e dopo qualche tempo apprende che c’è un collegamento tra il pacco
bomba inviatogli e le donne uccise: ci sono di mezzo le terrificanti
suffragette che sono secondo Doyle l’undicesima piaga d’Egitto. (L’episodio
descritto nel libro è puramente di fantasia, ma è vero che all’epoca Arthur
Conan Doyle ha collaborato spesso con Scotland Yard, ottenendo però, a
differenza di quanto narrato nel libro, dei risultati alquanto deludenti.).
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Holmes e Moriarty alle Cascate di Reichenbach, illustrazione di Sidney Paget |
Anyway, il giorno della
presentazione di questa “sacra reliquia”, Alex Cale viene trovato morto nella
sua camera d’albergo, strozzato con un laccio di scarpa. Harold, che in realtà è
un ragazzo geniale, ma ingenuo e sognatore, viene preso da una frenesia
incontenibile e avvia un’indagine parallela a quella ufficiale. L’omicidio,
Harold presume, è opera di uno sherlockiano: solo così riesce a spiegare alcuni
indizi, tra i quali spicca una parola scritta sul muro col sangue della
vittima: “Elementare” (Graham, madonna che fantasia, ti sei sprecato!).
Harold viene dunque
ingaggiato da Sebastian Conan Doyle (discendente di Arthur) affinché recuperi il
diario, che nel frattempo è sparito, e lo restituisca al legittimo proprietario.
Le indagini di Arthur e
Harold si svolgono quindi in parallelo; entrambi giungono a sconvolgenti
rivelazioni: Conan Doyle capisce che in realtà sente la mancanza della sua
creatura più di quanto pensasse possibile; è vero, in un certo momento della sua
vita ha odiato profondamente Sherlock e il fatto che la fama di quest’ultimo
superasse la sua (da qui la traduzione italiana del titolo, che stando così le
cose acquista un senso) lo ha profondamente irritato, ma è ora di gettarsi tutto
alle spalle e far “risorgere” l’inquilino del 221B di Baker Street. Ciò che lui
ha scritto nel diario quindi, potrebbe irrimediabilmente rovinare la
reputazione di tutte le persone coinvolte nei fatti narrati, così Bram Stoker, per
proteggere un po’ tutti quanti, all’insaputa di Arthur fa sparire l’oggetto
incriminato.
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Illustrazione di Sidney Paget, Strand Magazine |
La storia si interrompe qui,
con i due che sul suggestivo sfondo delle cascate di Reichenbach si accingono a
leggere gli eventi del cosiddetto “Grande Iato”.
Che dire, questo libro certamente è anni luce dall'essere un capolavoro, ma tutto sommato è scritto benino. Mi addolora il fatto che ci sia una serpeggiante scarsa considerazione per il povero John Watson, (anche se il binomio Holmes - Watson si riflette un po' in quello ACD - Stoker, con quest'ultimo nei panni del povero scemo che alla fine però salva la baracca) e la cosa ha contagiato anche me, in quanto non l'ho nominato per niente. Scusa caro. Prende allegramente in giro gli ossessionati di Sherlock Holmes, in pratica descrive un "fandom" dilaniato dalle lotte interne (mmm, mi ricorda qualcosa...) e da gente che ci crede veramente. Nonostante tutto è una lettura simpatica, uno svuota-cervello con poche pretese, impreziosito da citazioni dell'opera originale. In fondo il suo protagonista (quello contemporaneo) è un nerd asociale, scialbo ma genioide, che alla fine si becca la gnocca della situazione.
Graham Moore è americano (sceneggiatore di The Imitation Game, il film con Benedict Cumberbatch nel ruolo di Alan Turing. Quando si dice la coincidenza...) e io rimango fermamente convinta che gli americani dovrebbero essere puniti ogni volta che toccano qualcosa di inglese, perché in un modo o nell'altro lo distruggeranno, però in questo caso non posso dirgli più di tanto, in quanto trovo che alla fine lo spirito di Arthur Conan Doyle sia stato essenzialmente rispettato, anche se, devo ammetterlo, in qualche occasione si scivola tristemente nell'americanata.
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